Embryonic Journey: Claudia Di Francesco, Cleo Fariselli, Armida Gandini, Flaminia Veronesi
Opening: Wednesday, 19 February | 6pm
EN:
Richard Saltoun Gallery is pleased to present Embryonic Journey, a group exhibition featuring works by Claudia Di Francesco, Cleo Fariselli, Armida Gandini, and Flaminia Veronesi.
The exhibition unfolds as a voyage into the intimate reflections of four artists, where themes of mythology, metamorphosis, dreams, and archetypes of human psychology intertwine. Positioned within a liminal space—a threshold populated by fantastical characters, anthropomorphic forms, flows of matter and energy, and reminiscences drawn from art history—the exhibition explores the interplay of light, colour, and shadow.
From Cleo Fariselli’s evocative, dark backdrops conjuring imaginary landscapes and inner depths, to the emotional intensity of Armida Gandini’s sculptures—mirages of beauty, pain, and meaning—and the ethereal visions of Claudia Di Francesco, and Flaminia Veronesi’s utopian worlds, the exhibition invites the viewer on a collective journey through contrasting yet harmonious artistic expressions.
About the Artists
Claudia Di Francesco (b. 1992, Rome) delves into intimate memories and impressions, inviting viewers into a space of imaginary narratives populated by archaic figures, translucent bodies, and penitent souls. In works such as Braccia di bronzo, a lush Edenic garden is imbued with darkness and ambiguity, exemplifying her visionary worlds inhabited by unusual animals and disproportionate figures. These elements explore the perpetual transformation and transmission of life, revealing an unbroken connection to nature, the body, and the cyclical interplay of life and death. Her practice reflects a continuity between past and present, where forms remain open to endless possibilities.
Flaminia Veronesi (b. 1986, Milan) crafts works at the intersection of naïve and surreal art, offering a dreamlike vision. Her paintings feature fantastical creatures, such as Lucifero and Sirena viola, inhabiting spaces where the boundaries between natural and supernatural dissolve. These dynamic, timeless moments evoke the infinite potential of painting to reveal hidden, interior worlds. Veronesi’s practice celebrates imagination and the surreal as realms where all is possible.
Cleo Fariselli (b. 1982, Cesenatico) explores the natural world through her own body, using it as a medium to connect with her surroundings. Her raku ceramic sculptures—casts of her anatomical details, such as a shoulder, half a face, or an ear—emphasise the dialectic between fullness and emptiness, internal and external, roughness and smoothness. These enigmatic objects, akin to large Haliotis shells (commonly known as Venus’s Ear), juxtapose pearlescent surfaces with volcanic crusts, embodying a sense of mystery. Her paintings, such as Paesaggio acquatico con bisce and Torrente, capture the movement of matter in its liquid state, crystallising its vibrant energy. Fariselli’s works evoke an ancestral condition, offering glimpses into profound, hidden depths.
Armida Gandini (b. 1968, Brescia) presents an installation comprising eight collages and Murano glass sculptures inspired by the face of Mary from Rogier van der Weyden’s The Seven Sacraments triptych (c. 1444). Referencing Roland Barthes’s Fragments of a Lover’s Discourse and its reflections on tears as symbols of infinite continuity, Gandini’s works embody the process of slow, layered sedimentation. Her glass sculptures, formed drop by drop, materialise as fluid, plastic volumes, highlighting water as a primordial element tied to creation, continuity, and pain. Her work, like Fariselli’s, foregrounds fluidity as a central theme, embodying its symbolic resonance.
Embryonic Journey invites viewers to engage with a shared exploration of liminality, transformation, and the profound connections between personal and universal narratives.
Richard Saltoun Gallery presenta Embryonic Journey una mostra collettiva con opere di Claudia di Francesco, Cleo Fariselli, Armida Gandini e Flaminia Veronesi.
La mostra si articola come un viaggio all’interno delle più intime riflessioni di quattro artiste in cui temi quali la mitologia, la metamorfosi, l’onirico ed archetipi della psicologia umana si intrecciano. Ci troviamo in un terreno liminale, in spazi di passaggio, popolati ora da personaggi fantastici e forme antropomorfe ora da flussi di materia ed energia, reminiscenze ed icone tratte dalla storia dell’arte.
Elemento distintivo è un contrasto tra luci, colori ed ombre: da un lato l’oscurità dei fondali di Cleo Fariselli, che evoca paesaggi immaginifici e profondità interiori, dall’altro la forte carica emotiva delle sculture di Armida Gandini, miraggi di bellezza, dolore e significato e ancora le visioni irreali ed evanescenti di Claudia di Francesco e i mondi di Flaminia Veronesi, meravigliosi, quasi utopici, dove bizzarri personaggi offrono un’idea di coesione e di libertà.
Claudia Di Francesco (Roma, 1992) si immerge in ricordi e suggestioni di un intimo cui ci rende partecipi, dove narrazioni immaginarie e figure dalle fattezze arcaiche, corpi traslucidi e anime penitenti fluttuano in un mondo che pare capovolto, come nell’opera Braccia di bronzo, dove un incantevole giardino dell’Eden diviene carico di oscurità e ambiguità. I suoi scenari visionari sono abitati da insoliti animali e figure sproporzionate, particelle di un mondo che si trasforma e si trasmette. Le figure nei dipinti, reali o immaginate, ci evocano il legame indissolubile con la natura, il corpo e la ciclicità della vita e della morte. Nelle opere passato e presente intessono continuità e la forma non è mai definitivamente conclusa, ma aperta a possibilità.
L’onirico e il fantastico sono tra gli aspetti dominanti nei lavori di Flaminia Veronesi (Milano, 1986). Le opere, che spaziano tra naïf e surreale, dispiegano una visione al limite del sogno. Creature fiabesche, come Lucifero e Sirena viola, coesistono e offrono l’immaginaria possibilità di un luogo in cui il confine tra naturale e soprannaturale non esiste, creando attimi fuori dal tempo, ma sempre conferendo dinamismo, mantenendo le opere vive, mai statiche. Nelle tele di Flaminia e di Claudia, si evince come la pittura sia in grado di rivelare mondi nascosti e impossibili, come quelli interiori. La pittura quindi come il perfetto mezzo capace di assecondare le infinite possibilità della fantasia e dell’immaginazione. Non c’è nulla che non può essere dipinto. E quindi tutto, anche il surreale, può esistere ed essere vivibile.
L’analisi del mondo circostante, inteso come ambiente naturale, viene esplorata da Cleo Fariselli (Cesenatico, 1982) attraverso il suo corpo, che diventa un mezzo di connessione con ciò che la circonda. Lo vediamo nelle sculture in ceramica raku che sono calchi di parti anatomiche dell’artista – un fianco, una spalla, mezzo volto, l’orecchio – in cui la dialettica tra pieno e vuoto, esterno ed interno, ruvido e liscio, assume connotazioni significative. Le impronte di dettagli corporei trasmutano per divenire oggetti enigmatici e carichi di mistero, simili a grandi Haliotis (conosciuti come Orecchio di Venere) in cui la lucentezza perlacea si contrappone ad un guscio di crosta lavica.
Insieme ai dipinti dalle cromie cupe, Paesaggio acquatico con bisce, Torrente e Corrente, queste opere hanno un carattere vitale e vibrante: sembrano cristallizzare in un preciso istante il movimento della materia allo stato liquido, trasformandolo in flusso di potenziale energia. In questo sistema di forze, l’artista ci lascia percepire i propri lati più profondi non mostrandosi completamente, ma riportandoci in una condizione ancestrale a cui tutti apparteniamo
L’installazione di Armida Gandini (Brescia, 1968) che si presenta in otto collage e altrettante sculture in vetro di Murano, deriva dal dettaglio elaborato del volto di Maria nel trittico de* “I Sette Sacramenti” del pittore Fiammingo Rogier van der Weyden (1444 circa). Stando a Michelet, San Luigi si affliggeva per il fatto di non aver ricevuto il dono delle lacrime; una volta sentì le lacrime scendergli dolcemente sul volto ed esse “gli parvero gustose e dolcissime, non solo al cuore ma anche alla bocca.” (Roland Barthes, Frammenti di un discorso amoroso). Otto sono le lacrime presenti sul volto della Madonna del Trittico: si tratta di un numero carico di simbologie, quella dell’infinito innanzitutto e di conseguenza indissolubilmente legata al Karma e alla prosperità. Da qui l’artista ha immaginato la formazione di sedimenti trasparenti stratificati come in un processo di stillicidio: incessantemente, anche se con una lentezza smisurata, goccia dopo goccia si concretizzano trasformandosi in volumi plastici nello spazio.
Come per Cleo, anche nel lavoro di Armida l’elemento fluido, l’acqua, ha un valore altamente paradigmatico, è assunto primordiale, legato alla creazione, alla continuità, al dolore.
La mostra è accompagnata da un testo critico di Gianlorenzo Chiaraluce: Appunti sparsi per un viaggio embrionico